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Italia  
Giuseppe Verzocchi

“Veni VD Vici”, ovvero l’arte del mattone

Conosciuto e ricordato soprattutto per i settantadue quadri della collezione “Il Lavoro” esposta al Museo Correr nel 1950 e donata nel 1961 alla città di Forlì di cui la famiglia era originaria, Giuseppe Verzocchi (Roma 1887 – Milano 1970) collezionista, mecenate d’arte e soprattutto un’industriale del laterizio, ha incarnato, nella prima metà del ‘900, lo spirito del self-made man; il primo, con la “Società Anon. G. Verzocchi”, a inaugurare nel 1927 uno stabilimento per la produzione del refrattario in Italia, il famoso mattone siglato “V&D”, da “Verzocchi & De Romano”, nome della precedente ditta commerciale. [1]. Nel 1924 Verzocchi decise di promuovere i propri prodotti attraverso la pubblicazione del catalogo pubblicitario “Veni VD Vici” in cui, giocando con la frase di Giulio Cesare e il logo sui mattoni, volle rimarcare il successo commerciale dell’azienda.

All’epoca di pubblicazione del catalogo in Italia si assisteva a un radicale mutamento culturale della comunicazione visiva che dopo un suo graduale affermarsi attraverso l’opera d’interpreti come Cappiello, Dudovich, Sacchetti e Terzi, vedeva in quegli anni la nascita delle prime agenzie pubblicitarie e l’introduzione della grafica geometrica d’ispirazione futurista negli schemi compositivi del manifesto, fino a quel momento caratterizzati dalla predominanza dei riferimenti Liberty. Con l’utilizzo di uno storytelling che anticipò di anni lo sviluppo della comunicazione di marca, l’azienda venne raccontata attraverso trentadue illustrazioni accompagnate da una didascalia manoscritta e abbinate ad alcuni estratti su carta velina delle lettere e verbali dei maggiori clienti come Fiat, Ansaldo, Ercole Marelli & Co. e la metalmeccanica Franco Tosi. Il volume, stampato con materiali e rifiniture di pregio, riportava informazioni quali i metodi di produzione e di trasporto dell’azienda, le caratteristiche qualitative dei refrattari, le differenti forme e dimensioni in cui il mattone veniva prodotto nonché le tipologie d’industrie in cui veniva impiegato.

Come Verzocchi scrisse nell’introduzione, lo scopo del catalogo era di fare un discorso mediante illustrazioni e quasi senza parole dire tutto quanto un consumatore desiderasse sapere sui mattoni. Al progetto parteciparono i principali artisti dell’epoca fra cui Cisari, De Carolis, Dudovich, Marussig, Nizzoli, Parmeggiani e Depero, ognuno dei quali realizzò una o più tavole per descrivere le qualità del mattone e il loro utilizzo rendendo questo catalogo, oggi, una preziosa testimonianza storico-artistica quanto industriale e commerciale.

Se la durezza e la refrattarietà furono rappresentate da Primo Sinopico con l’utilizzo delle caratteristiche figure stilizzate qui impegnate ad assaltare una torre di mattoni posta al centro di una composizione in bianco, nero e grigio — un ampio e solitario spazio in cui il tempo è sospeso nel momento durativo di una quieta opposizione del mattone —, Giovanni Scolari illustrò attraverso un metaforico e dinamico figurativismo la resistenza al fuoco ponendo dei laterizi nel morso delle fiamme e rappresentando la resistenza all’attrito con un mattone posto fra la Terra e la Luna.
A questi artisti si accompagnano nel testo le raffinate incisioni di Carlo Parmeggiani, la tradizionale sobrietà grafica di Adolfo De Carolis, le rare e affascinanti acqueforti dell’architetto Giovanni Greppi e l’eleganza delle figure femminili di Marcello Dudovich. Fortunato Depero, che negli anni a seguire realizzò per l’azienda diversi manifesti pubblicitari, ponendo l’accento sulla resistenza del mattone refrattario disegnò la custodia del catalogo e le tre vivide illustrazioni a chiusura del volume ch’egli stesso definirà le più colorate, le più geniali, le più violente e pubblicitarie [2].

Il successo di questo progetto fu unanime e da Margherita Sarfatti a Luca Beltrami, da Luigi Einauidi a Ernesto Basile, molte importanti figure politiche, culturali e industriali scrissero a Verzocchi per congratularsi. Ugo Ojetti sostenne che fosse il più elegante, gustoso e memorabile libro di pubblicità che avesse mai veduto [3]; Èdouard Michelin sottolineò come nessuno poteva attendersi che da una pubblicazione dedicata a un argomento arido e poco conosciuto scaturisse una delle più elevate espressioni che onorano l’ispirazione artistica e la tecnica dell’arte grafica contemporanea [4].
E se Giuseppe Verzocchi è indubbiamente stato uno dei grandi industriali del Novecento, un appassionato patrocinatore d’arte, un collezionista e un filantropo, questo catalogo è la dimostrazione di come egli sia stato anche un uomo visionario e dalle intuizioni geniali nell’ambito del marketing e della comunicazione.
A più di novant’anni dalla sua pubblicazione, infatti, “Veni VD Vici” rappresenta ancora una testimonianza di valore per la storia del design e una fonte d’ispirazione per la progettazione grafica della comunicazione industriale contemporanea.

Johnny Bergamini

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