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Italia/Bologna  
Matteo Mezzadri

Città minime

La percezione dei luoghi, la loro dimensione geometrica, il passaggio fisico e mentale dello spazio, il viaggio, la ricerca delle relazioni e delle contaminazioni culturali sono fattori costanti dell’opera di Matteo Mezzadri. La sua attività, che mette in relazione i più diversi mezzi espressivi, non si esaurisce mai in una sola opera o immagine, ma si delinea piuttosto attraverso percorsi visivi che riportano alla complessità e ambiguità del mondo contemporaneo.

Il progetto fotografico «Città Minime» rappresenta un corpus di opere al confine tra installazione e fotografia. Mentre la prima è effimera in quanto destinata a essere smantellata, la seconda continua a esistere nel tempo attraverso lo scatto fotografico, frutto di una messinscena meticolosa, un perfetto allestimento del modello in cui lo scatto rappresenta solo il momento finale e la fotografia rimane come unica testimonianza delle grandi installazioni realizzate. Il mutamento continuo del punto di vista percettivo di fronte a uno scatto cambia al tempo stesso il punto di vista della città. Secondo il critico Martina Cavallari con una variazione di punti di vista sia dell’obiettivo fotografico che delle fonti di illuminazione per stabilire differenti temperature e continue incidenze negli stati d’animo del piano di lavoro. 

I mattoni sovrapposti nelle sculture, sono riproduzioni di brani fittizi di città impossibili, le «Città minime», sono un tentativo gestaltico nel quale «il tutto è più della somma delle singole parti». Per l’artista gli infiniti buchi dei mattoni forati simboleggiano le infinite vite e destini che si incrociano nel passato e nel futuro nelle metropoli. Città complesse, spesso abbandonate in alcune delle loro parti, diventano metafisiche palesando la «città invisibile» di Italo Calvino. «Città Minime», al di là delle immagini, occupa uno spazio specifico e ben delimitato in modo fisico e reale e costituisce una ricerca artistica «itinerante», tuttora aperta che si snoda attraverso specifiche tappe: Carpi, Mantova, Bologna e Verona. Il filo conduttore dell’artista è riconducibile allo studio dell’evoluzione in città contemporanea e delle relazioni che si sono sviluppate. Nell’analisi del rapporto tra comunità e paesaggio l’interrogativo primario da porsi attiene allo scambio dentro-fuori. Mentre nei piccoli e medi aggregati si ha un continuum del paesaggio, nei grandi aggregati urbani il paesaggio resta confinato fuori; di conseguenza la metropoli ne elabora uno proprio, fatto da porzioni di verde racchiuse nei parchi e nelle ville [1]. Uno spazio urbano riconoscibile nelle sue strutture essenziali: i palazzi, le strade, gli alberi, ma osservato attraverso uno sguardo altro, che lo stravolge e lo reinventa. Il fotografo mette a nudo la città, ne estrae la materia prima – il mattone – per creare uno scenario verosimile, una visione artefatta ma familiare, che lascia scorrere lo sguardo tra fori che sono finestre, pozzanghere che sono gocce, oscurità che sono luci spente e fumo.

Tra i diversi laterizi utilizzati, il mattone forato in particolare costituisce la cellula fondamentale dell’edificio e diviene palazzo al tempo stesso: è un frattale che ripete la sua forma allo stesso modo su scale diverse. Nella tappa del SAIE, in particolare, l’artista esplora nuovi prodotti di argilla cotta, dai pavimenti al faccia a vista, dai blocchi da muratura armata ai coppi, così che il laterizio viene declinato dall’artista in ulteriori sfaccettature, con un cambio di modulo che avvicina la «Città Minima» alla varietà architettonica attuale. 

Afferma Mezzadri «...indago i fenomeni delle relazioni sociali che si instaurano con la commistione e la convivenza dei popoli all’interno delle città; in questo polo di attrazione si crea così una complessità che merita di essere studiata e approfondita, non fosse altro perché ci riguarda tutti», «Voglio creare un «cortocircuito» nello spettatore che a primo acchito vede la città in modo classico e solo dopo si accorge che in realtà non si trova di fronte a edifici, ma a un modulo elementare» dichiara Mezzadri. «Nel mio studio creo un incontro tra micro e mega il cui risultato tende a essere ogni volta più simile al reale». Il mattone laterizio è materiale «globale» e allo stesso tempo primordiale, prodotto di un ingegno primitivo istintivo che ha seguito nella tecnica l’evoluzione delle diverse civiltà, adattandosi alle nuove esigenze [4]. Con le sue infinite variazioni ancora una volta dimostra di prestarsi a innovazioni formali che prescindono dalla sua natura intrinseca quale materiale prediletto per le costruzioni.

Rosario Gulino
Ingegnere, ANDIL


Scheda tecnica

Oggetto:

Città minime

Località: Bologna, Italia
Committente: ANDIL - SAIE
Progetto: Matteo Mezzadri
Collaboratori: Marco Consiglio, Michele Martini
Cronologia: 2016
Superficie: 30 m2
Fotografie: Matteo Mezzadri

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