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Regno Unito/Londra  
Herzog & de Meuron

Ampliamento della Tate Modern

Circa quattro anni dopo l’inaugurazione della prima Tate Modern – la sede museale progettata, dal 1994 al 2000, dallo studio Herzog & de Meuron all’interno dell’involucro industriale dell’ex centrale termoelettrica del distretto di Bankside – gli amministratori dell’ente museale di Londra furono costretti, travolti dal suo, per certi versi, inaspettato
successo, ad accettare l’ipotesi di dover realizzare un’ulteriore espansione. La decisione di aggiungere un nuovo volume alla Tate Modern poteva sembrare, a prima vista, un’azione affrettata e un po’ azzardata, ma, in realtà, essa costituiva il seguito naturale, la “seconda parte”, di un’operazione più ampia, sia dal punto di vista funzionale, sia da quello culturale, economico, sociale e urbanistico. È vero che il progetto di rifunzionalizzazione e trasformazione dell’ex centrale termoelettrica in una moderna sede museale sia stato giudicato quasi all’unanimità come un’opera architettonica di successo e di grande impatto, portatrice di suggestive soluzioni progettali e di nuovi spazi dedicati alle arti, ma è anche altrettanto vero che la sua capienza era stata sottostimata per “soltanto” due milioni di visitatori annui. E, conseguentemente, di fronte alla grande e rapida affermazione internazionale del nuovo polo museale – la Tate Modern, infatti, con quasi sei milioni di visitatori l’anno è la galleria d’arte moderna e contemporanea
più visitata del mondo –, non restavano molte altre soluzioni praticabili, oltre a quella di un suo ampliamento volumetrico. Stavolta, però, anche se all’interno dell’area furono lasciati strategicamente alcuni interessanti
reperti di archeologia industriale, tra i quali i tre Oil Tanks (i serbatoi di petrolio dell’ex centrale), il progetto per aumentare l’offerta espositiva, e non solo, del museo londinese doveva prevedere l’addizione di un nuovo volume da collegare con l’esistente e in grado di dialogare architettonicamente con esso. 
Il compito toccò di nuovo ai due architetti svizzeri, freschi vincitori del Pritzker Prize (2001), che, undici anni dopo il conferimento del loro secondo incarico – inclusi anche i lavori di bonifica del terreno, una prima soluzione progettuale non approvata, caratterizzata dall’involucro esterno in vetro, e una temporanea apertura dello spazio dei Tanks, attrezzato per spettacoli di arte dal vivo in occasione delle Olimpiadi di Londra del 2012 –, nel 2016, restituirono alla città una Tate Modern sostanzialmente diversa, provvista di una nuova “ala”, la Switch House (mentre quella precedente fu denominata Boiler House, in riferimento alle possenti caldaie dell’ex centrale).
L’impostazione planimetrica adottata per la nuova sede museale impiega l’antica sala delle turbine (Turbine Hall) – una galleria di circa 3.300 m2 e lunga 150 m, situata sull’asse est-ovest, impiegata per installazioni artistiche di grandi dimensioni ed esposizioni contemporanee – quale spazio centrale del museo e zona di smistamento tra la precedente sede della Tate Modern (la Boiler House) e quest’ultima appena aggiunta, la Switch House. Il collegamento tra le due “ali” museali avviene direttamente a livello 0, oltre che al primo e quarto livello, tramite vasti ponti (Bridge) che attraversano lo spazio scenografico della Turbine Hall.
A proposito della nuova Tate Modern i due progettisti svizzeri hanno dichiarato che volevano realizzare un volume il più possibile unitario, invece di un’opera in cui si possano leggere distintamente le varie fasi progettuali; inoltre, nella loro visione, il nuovo museo dovrà offrire ai visitatori una varietà di spazi e di “atmosfere” interne, come tipi di galleria diversi per dimensioni, illuminazione e circolazione.
La nuova Tate Modern, oltre ad ampliare gli spazi espositivi a disposizione del museo di circa il 60%, adempie anche ad alcune funzioni non secondarie e non del tutto assolte dal primo progetto, riguardanti essenzialmente il rapporto del nuovo volume con il quartiere e i suoi abitanti e con il resto della città di Londra.

Igor Maglica
PhD, architetto e giornalista


Scheda tecnica

 

Oggetto: Switch House (The Tate Modern Project)
Località: Bankside, London SE1 9TG, UK
Committente: Tate
Progettazione: Jacques Herzog, Pierre de Meuron, Ascan MergenthalerJacques Herzog, Pierre de Meuron, Ascan Mergenthaler(Partner in Charge), Harry Gugger (until 2009)
Ingegnerizzazione facciata: Ramboll UK, London, UK
Progettazione strutturale: (2005-07) Arup, London, UK; (2008) Ramboll UK, London, UK
Cronologia: 2005, concorso; 2005-12, progetto; 2010-16, realizzazione
Dimensioni: 40.127 m², area del sito; 23. 600 m², sup. coperta lorda;40.127 m², area del sito; 23. 600 m², sup. coperta lorda;116.090 m³, volume lordo; 11.790 m², sup. della facciata
Fotografie: Iwan Baan
Disegni: Herzog & De Meuron