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Thailandia/Klong-yong  
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Scuola di cinema a Klong-yong

Come un tempio orientale riconquistato dalla foresta, abitato da alberi e fiere, il Kantana Institute è attraversato da alti fusti portatori d’ombra, costretti fra muri possenti, circondati dal verde. I favolosi mondi de «Il Milione» di Marco Polo si ammantano di magia nei poemi epici della mitologia induista: il Ramayana parla di laghi incantati in cui le acque sono turbate da cigni ed elefanti, e forti venti provocano onde tempestose. Cos’abbia provocato il tumulto verticale delle pareti della nuova scuola di cinema non è dato sapere, ma esso raccoglie i raggi del sole e ne modula morbidamente l’intensità sulle proprie anse, sino ad annullarlo nell’ombra delle porzioni più basse dei setti perimetrali, dove è finalmente l’ombra. È noto: la luce si lascia entrare maggiormente in Occidente; invece in Oriente si cerca in modo primario l’ombra. Più ancora dell’ombra, gli architetti portano all’interno del Kantana l’oscurità.

Per parola degli stessi progettisti, essa permette infatti agli studenti di concentrarsi sul lavoro e sullo studio, copre le cose e le rende complesse e vaghe, e il suo maggior fascino coincide con l’impossibilità di scorgere nettamente gli oggetti. Diaframmi fra gli uomini e la luce, i setti perimetrali sono alti fino a otto metri dal calpestio e, nella generosità del loro spessore variabile, si prestano a essere essi stessi occasionalmente spazi privati per lo studio o per il relax, senza arredi permanenti, in cui gli studenti si possono fermare. All’intorno, i nuovi volumi affacciano mediante finestre disposte secondo ritmi apparentemente casuali, mentre vetrate a tutta altezza in alcune porzioni dell’interno permettono di vedere, per così dire, l’oscurità, attraverso piacevoli spazi piantumati; tali ampie vetrate estendono, inoltre, all’esterno gli spazi circoscritti, definiti sulle piante dalle pareti. Il paesaggio naturale fa parte dell’architettura di questi luoghi.

Nel 1923, Mies Van der Rohe progettò la casa di campagna in mattoni. Di quel lavoro, il Kantana Institute conserva, oltre il paramento murario, la discontinuità fra le giaciture dei setti emblematica dell’architetto tedesco, sua caratteristica linguistico-spaziale e tecnico-costruttiva, solo accennata nella casa di Karl Lemke a Berlino, presentata nel numero 112 di questa rivista. Secondo Leonardo Benevolo, in un’affermazione riferita nello specifico al padiglione di Barcellona, ma con valore generale all’opera di Mies, le singole membrature «si accampano con assoluta fermezza nell’ambiente continuo, lo qualificano con nitidezza e con discrezione e non lo chiudono mai, suggerendo il campo illimitato dei possibili sviluppi». Oltre alla fondamentale citazione al Maestro tedesco, i tipi di riferimento della planimetria generale della scuola di cinema sono in realtà numerosi e risalgono sino al cardo e al decumano. I due percorsi ortogonali determinano un centro e quattro quadranti, secondo uno schema proprio di una città. La ricerca compiuta, per esempio, da Sverre Fehn sul tema della pianta centrale a partire dalla realizzazione della villa a Norrkoping (S) negli anni ‘60, perviene ad analoga soluzione nel progetto di concorso della Galleria Nazionale di Oslo. Premthada, a capo del team di architetti, come Mies scardina lo schema ordinatamente lineare di riferimento in favore di un esito spaziale più fluido, capace di stimolare il movimento accrescendo nel fruitore la curiosità verso soluzioni sempre differenti, legate fra loro dalla scelta materica pressoché unica costituita dal laterizio. Oltre 600.000 mattoni sono stati impiegati per allestire la scenografia permanente della scuola e caratterizzare le sue membrature più stabili. Queste poggiano su profili prefabbricati in cemento armato distesi a terra, parzialmente ribassati rispetto la quota di calpestio. Essi costituiscono la base per la struttura portante verticale in cemento e acciaio, a cui l’onda in mattoni si affianca e trova certezze d’appiglio.

Tale movimento continuo, a rientrare o aggettare rispetto all’ideale verticale, è ottenuto per semplice scostamento dei mattoni fra un corso e l’altro, secondo un disegno costantemente variato: i corsi coinvolti ogni volta, dal primo scostamento sino al riallineamento alla verticale, sono almeno dieci, ma possono divenire anche venti, quando si desideri realizzare una curvatura più ampia. Ognuno dei quattro muri principali, assegnati ai quattro quadranti di base, presenta una sezione tipica, costante per tutta l’estensione del muro stesso, nonostante i cambi di direzione. All’attacco a terra, risolto con la sospensione rispetto al piano di calpestio, risponde in alcuni casi un sobrio coronamento sommitale in metallo, applicato lateralmente al paramento murario. Laddove la rappresentazione cinematografica, al centro degli studi della scuola, sia intesa come una simulazione della realtà, nel Kantana Institute trova certamente una casa di concreta consistenza e impatto materico; essa affida parte di tale immagine alla dissimulazione della gravità, interpretata mediante la sopraelevazione dei setti e la sinuosità dell’applicazione laterizia.

Claudio Piferi 
Architetto, Phd, Università di Firenze


Scheda tecnica

Oggetto: Edifici scolastici
Località: Klong-yong, Buddhamonthon, Nakhon Pathom Province, Thailandia
Committente: Kantana Edutainment (International) Co., Ltd.
Progetto architettonico: Boonserm Premthada; Ittidej Lirapirom; Piyasak Mookmaenmuan
Progetto strutturale: Preecha Suvapabkul
Impianti: Wittaya Nakasan; Tanete Chaiyaphong
Superficie: 2000 mq
Cronologia: completamento 2011
Foto: Spaceshift Studio; Pirak Anurakyawachon

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