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Arno Lederer

Sul costruire in laterizio

Il valore simbolico, le prestazioni e i successi del laterizio nell’architettura moderna,
restituiti attraverso la lettura delle opere di Fischer, Gropius, Kahn, Mies van der Rohe e Wright, per comprenderne le potenzialità e sostenerne ancora l’utilizzo

Non è dato sapere chi per primo lo ha pensato, tuttavia l’invenzione del mattone è stata, in relazione al mondo delle costruzioni, una delle più geniali. Si sostiene che siano molti altri i prodotti per il settore dell’architettura che sono stati realizzati a misura d’uomo e per tale ragione ne vengono celebrate le straordinarie qualità. Ma se in architettura esiste un prodotto al quale attribuire tali straordinarie qualità, questo è, senza ombra di dubbi, il mattone. Non riesco a immaginare nessun altro materiale o elemento costruttivo che possegga la misura umana del mattone: lunghezza, larghezza, spessore e peso sono esattamente adatti alla mano dell’uomo. Il mattone può essere tenuto facilmente in mano, lasciando l’altra libera di maneggiare la cazzuola per aggiungere la malta del giunto su cui posare il mattone successivo. A partire da un piccolo modulo funzionale, i mattoni, una volta assemblati, formano una struttura portante, un muro, una casa, un’intera città. La piccola dimensione consente di realizzare la parte media e quella molto grande: per quanto siano grandi la casa o il quartiere il riferimento rimane sempre e comunque quell’elemento che tutti gli occhi guardano con soddisfazione perché lo conoscono bene, perché ognuno lo ha tenuto in mano almeno una volta. Si può dire che la frequentazione di qualsiasi tipo di muratura ha concorso a fissare la misura del modulo al nostro subconscio. Questa invenzione è vecchia migliaia di anni. Ci sembra così naturale da apparire come una parte dei nostri geni, un compagno silenzioso della nostra evoluzione. Anche se ci sono momenti in cui l’uso della terra cotta è stato più o meno popolare, talvolta perfino rifiutato, i maneggevoli prodotti realizzati con questo materiale da costruzione si sono affermati in modo così consistente da poter annoverare il laterizio tra i materiali «senza tempo» usati dall’uomo. Oltre alla maneggevolezza e alla facilità di posa in opera, al successo del laterizio hanno sicuramente concorso la sua economicità e durabilità. L’impiego del laterizio nelle cattedrali gotiche, nelle opere di Karl Friederich Schinkel o in quelle di Alvar Aalto, è il risultato della triade praticità, economicità e durabilità: in comune hanno l’affermazione di una qualità estetica che è riconducibile al materiale stesso che li costituisce. Alvar Aalto è uno splendido esempio dell’imparzialità dell’architettura Moderna nei confronti di questo materiale. È infatti sorprendente la sapienza dell’uso del laterizio, soprattutto in relazione a un vocabolario formale che il modernismo esprime attraverso materiali «nuovi», quali l’acciaio e il calcestruzzo. Il laterizio non entra nella discussione con i «nuovi» materiali, almeno non nella discussione teorica. Tuttavia, se moderno o antico, indipendentemente dalla discussione, Walter Gropius realizza le Officine Fagus (fig. 1) con un mattone in laterizio faccia a vista di colore chiaro mentre Mies van der Rohe progetta l’ampiamente pubblicizzata casa di campagna con un connotante involucro di laterizio. Con quest’ultimo progetto mai realizzato il laterizio viene a ragione inserito tra i materiali dell’architettura Moderna, anche se talora il materiale viene considerato «vecchio» o tradizionale. E, se vogliamo dedicare ancora un istante all’opera di Mies, la realizzazione della abitazioni Esters & Large a Krefeld (fig. 2) costituisce il preludio del contributo di Mies al Modernismo classico.In questo periodo il mattone faccia a vista ha un valore simbolico molto meno indottrinato di quanto non gli si voglia attribuire rileggendolo oggi. 

Il materiale è di per sé libero da «ideologie». Anche un architetto come Le Corbusier, che non può certo essere annoverato tra gli estimatori del laterizio, in realtà lo impiega con maestria, ma non solo per realizzare colonne o murature ma per eseguire delle splendide volte catalane nella Casa Jaoul (fig. 3) e nelle successive abitazioni realizzate su questo modello. Quanto disinteressato è risultato l’impiego del laterizio nell’architettura Moderna tanto spregiudicato è stato invece il suo utilizzo da parte dei moderati e della destra, che gli ha invece attribuito un valore ideologico, in particolare in momenti politicamente difficili come quello del Terzo Reich. Infatti, il successo del laterizio tra gli architetti conservatori era dovuto alla sua capacità di rappresentare la tradizione e trasmettere senza esitazione una relazione diretta con la storia, con il «patrimonio dell’architettura nazionale». Inoltre, con il mattone si possono realizzare archi e volte, ovvero quelle strutture portanti che l’architettura Moderna aveva stigmatizzato come linguaggio storicizzato e obsoleto. Naturalmente archi e volte consentono facili riferimenti con i grandi capolavori della storia: dalle opere della grande ingegneria civile romana, quali gli acquedotti e le imponenti cupole, ai menzionati edifici religiosi gotici fino all’arte del mattone rinascimentale. In tutte queste opere si possono trovare sufficienti motivazioni per giustificare il ricorso alla propria storia. Ma anche in questo settore, nel ritorno a forme costruttive storiche, possono essere facilmente individuati esempi liberi da ideologie ma ricchi della sensibilità interpretativa di quelle immaginifiche strutture. 

Nelle architetture di Louis I. Kahn è proprio questo l’oggetto del suo messaggio. Egli è il più radicale dei progettisti che riesce a integrare armoniosamente e senza riserve i vecchi e i nuovi metodi di costruzione. Certamente non è la prima persona che fornisce un contributo originale attraverso la combinazione tra «Tradizione e Progresso»: Theodor Fischer, cofondatore del Deutscher Werkbund (1907), ha scelto proprio questo tema come elemento centrale della propria attività. Per comprendere quanto armonica possa essere la sintesi tra Tradizione e Progresso è sufficiente vedere la Chiesa di San Paolo a Ulm (fig. 4) realizzata da Fischer tra il 1906 e il 1910. Vi è, senza interruzione alcuna, la combinazione non pretenziosa tra la sapienza costruttiva della tradizione muraria e la forza della nuova tecnica del calcestruzzo armato: pochi anni più tardi tale mescolanza di elementi diversi non sarebbe più stata possibile perché i Moderni avrebbero preteso «la chiarezza e l’onestà della costruzione». 

L’esigenza assoluta con cui l’architettura moderna considera la chiarezza o l’onestà della costruzione è legittima per molti anni, ovvero sino al momento in cui la crisi petrolifera degli anni Settanta porta al suo conflitto. Da questo momento la purezza della costruzione diventa obsoleta. Ciò è particolarmente vero nei Paesi dell’Europa centrale. In quest’area geografica la scarsità di energia comporta talvolta delle richieste radicali, per cui un edificio dovrebbe funzionare con consumi minimi. Da questo, soprattutto in Germania, un serrato dibattito ha portato a un complesso quadro normativo che gradualmente limiterà i consumi energetici. Anche se alcuni criteri non vengono presi nella giusta considerazione, quali per esempio la durabilità e l’impatto sull’ambiente legato al trasporto del materiale, le norme vengono fatte rigorosamente rispettare. Così facendo tecniche costruttive centenarie, quali la muratura monolitica in mattoni pieni, non possono essere più utilizzate, poiché tali soluzioni non riescono a raggiungere i valori di coibentazione termica richiesti dalla norma per una soluzione di involucro. Il risultato è che il mattone viene oramai utilizzato solo come rivestimento di una soluzione verticale multistrato, soluzione che molti criticano perché non ha niente in comune con la tradizione classica del costruire in laterizio. Troppo spesso si tratta di una «tappezzeria di laterizio», di uno schermo avanzato che protegge e custodisce il necessario isolante termico e la struttura in calcestruzzo armato. 

Le critiche a tali soluzioni trovano fondamento nel significato «moderno» di involucro, che ritiene corretta una soluzione multistrato come quella in metallo o in fibrocemento. Ed è proprio questo il punto su cui le precedenti riflessioni convergono: anche se il laterizio viene liberato dalla sua originaria funzione di elemento strutturale, cosa ne pregiudica l’impiego come elemento di protezione per i sottostanti isolanti termici? I «nuovi» materiali sono migliori per durata, solidità, stabilità, prestazioni o per capacità di adattarsi a tutte le dimensioni modulari necessarie in una facciata? E i vetri o i materiali metallici quando sono impiegati come elemento superficiale non hanno anche loro una simile funzione di «tappezzeria»? Cosa ci impedisce di utilizzare il mattone negli spazi interni come pilastro, muro, arco, volta? Negli ultimi anni abbiamo scoperto più volte quanto più affidabile sia il mattone faccia a vista per la realizzazione di queste parti. Nelle due scuole di Ostfildern (fig. 6) [1] e Salem [2] abbiamo impiegato il mattone laddove era richiesta robustezza, per ridurre il rischio di incidenti, o durata, per evitare di dover tinteggiare le pareti ogni due anni. A Stoccarda, qualche anno fa, abbiamo progettato un edificio per uffici in cui la mensa, collocata nella corte interna, presentava una volta in mattoni pieni faccia a vista [3]. 

Allo stesso modo, in diverse abitazioni abbiamo provato a realizzare strutture portanti interne con soluzioni massive in laterizio. Per le murature di tutti i nostri edifici studiamo con attenzione le soluzioni formali delle fughe tra i mattoni, che devono risultare precise e specifiche per ogni singola collocazione. Sempre nella scuola di Ostfildern o in quella di Salem, la soluzione adottata è in netto contrasto con il contesto in cui si inserisce: l’obiettivo era quello di realizzare delle murature in laterizio che dessero la precisa percezione di essere in quel luogo da sempre, non dando la sensazione di essere vecchie quanto piuttosto di essere senza tempo (qualsiasi cosa si voglia intendere con ciò). In entrambi i casi abbiamo adottato dei mattoni irregolari in grado di restituire una superficie ruvida, scabrosa. Con questa soluzione, congiuntamente alle fughe grossolane, abbiamo ottenuto la qualità del dettaglio desiderata, che per una scuola equivale a qualità scenica urbana. Negli uffici di Stoccarda di cui sopra, abbiamo invece adottato una soluzione diametralmente opposta: si tratta di un edificio che si inserisce in un centro urbano con una trama e un profilo già delineato. L’esterno deve quindi relazionarsi con un contesto antropizzato più specifico. Il luogo pretendeva quindi un mattone con superfici precise e regolari che, con il suo colore scuro, fosse in grado di restituire una composizione elegante: per questo abbiamo scelto delle fughe orizzontali bianche e delle fughe verticali scure, soluzione peraltro già utilizzata nel diciannovesimo secolo da Frank Lloyd Wright per la Robie House (fig. 5). 

Naturalmente la questione ruota intorno alla scelta del materiale adeguato piuttosto che al semplice impiego del laterizio. Come studio professionale siamo convinti della necessità di un’opposizione all’euforia transnazionale dell’architettura del ventesimo secolo che prevede l’impiego diffuso di acciaio e vetro, interpretando una controparte che invece racconti di soluzioni che distinguono tra ambiente interno e spazio esterno, che rendiconti il mondo attraverso un involucro massivo e qualità tattili che all’esterno (non più) esistono. Frequentemente l’architettura contemporanea manca di quell’evento imprevisto che invece apprezziamo nell’architettura del passato. Da questi edifici non ci aspettiamo niente di speciale, nessuna sorpresa, visto che da fuori è già possibile sapere come saranno gli interni. Se si vuole invece produrre una raffinata differenziazione, è consigliabile realizzare l’involucro con un materiale, quel materiale che per secoli ha generato una differenza emozionale tra esterno e interno: il laterizio [4].

Arno Lederer Architetto, socio fondatore dello studio lro Architekten, professore ordinario della Facoltà di Architettura dell’Università di Stoccarda