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Italia/Reggio Emilia  
Nat Office

Casa HHCR

Nella diversificata produttività dell’architettura contemporanea, dove ormai codici predefiniti e grammatica della disciplina non sono più regole imprescindibili da applicare con rigore, le scelte espressive spingono i risultati formali e figurativi del progetto verso l’ibridazione dei linguaggi. Nat Office con la casa HHCR a Corticella, nella provincia di Reggio Emilia, notifica questa condizione attuale dell’architettura. Attingendo indifferentemente sia all’architettura anonima contadina, capace ancora di trasmettere in più direzioni modelli a cui riferirsi, sia a impostazioni alla moda indirizzate a soluzioni omologate a prescindere dal contesto, lo studio sviluppa un’idea di casa che vuole coniugare queste due opposte posizioni. Alcuni illustri precedenti chiamati a risolvere il medesimo problema di come intervenire in un analogo ambito di pianura hanno optato per un’alternativa, intesa come scelta di schieramento, piuttosto che insistere su un difficile compromesso.

Esempio da ricordare a tal proposito è certamente l’addizione bianca di Piero Bottoni alla casa del contadino a Porporano, nel parmense, che nella piccola veranda d’ingresso pavimentata in mattoni esprime un’assonanza tutta modernista, nonostante la mediazione data dall’unica falda inclinata o da alcuni dettagli vernacolari. Oppure è Guido Canali con la residenza di Vigheffio nelle campagne di Parma, completamente sospinta a esprimere una continuità con la migliore avanguardia tramite l’equilibratissimo volume cementizio bianco, a indicare senza concessioni altri possibili percorsi di lavoro. In realtà Nat Office in antecedenti occasioni, con progetti quali il centro civico di Traversetolo e l’atelier dello scultore Michelangelo Galliani a Montecchio Emilia, ha già dimostrato come la cultura rurale e la sua reinterpretazione possano stabilire una coerenza e un esito compositivo convincenti nel dialogare con la secolare tradizione emiliana. In questa casa pare si sia voluto tentare una diversa esplorazione. La linguistica architettonica si sdoppia in una controversa impostazione.

Da una parte, mediante l’attuazione di puntuali accorgimenti si rileggono correttamente i partiti murari delle case di campagna, con la predominanza del muro pieno rispetto alle bucature, evitando l’uso incongruo di balconi, di aggetti e di inutili dislivelli nelle coperture, affidando al taglio delle finestre, sempre ben collocate nei prospetti, malgrado l’accentuata strombatura rovesciata sull’esterno, una giusta proporzione per caratterizzare l’involucro; dall’altra, prevalgono toni e cromie come il grigio-nero abbinate al bianco, in una sorta di razionalismo contaminato distante dall’atmosfera agricola, idoneo piuttosto a una villa d’élite, dal sapore quasi mediterraneo, contraddetto dal tetto a falde, naturale tentativo di ambientamento nel contesto. Il dualismo si ritrova anche nelle scelte tecniche: il blocco laterizio reinterpreta le murature tradizionali in mattoni pieni, ma coibentato esternamente e protetto da intonaco realizzato con le sabbie di fiume locali.

Dissonanza allora o continuità? Se l’accuratezza del dettaglio costruttivo e la spazialità coinvolgente, e qui esattamente dimensionata, della doppia altezza nobilitano l’area del soggiorno, rimandando agli straordinari volumi dei fienili, così la pergola porticata non può che ascriversi ad appropriato segno in armonia con la campagna, più leggibile rispetto alla reminiscenza solo letteraria della “porta morta”. Tali elementi si preannunciano non solo come citazioni e interferiscono con la realizzazione del ballatoio, che diviene anche interessante soppalco affacciato sulla zona giorno. In questo luogo specifico, dove si preservano memoria, arte del costruire e sacro, dove i frammenti superstiti della centuriazione romana perdurano contro l’indifferenza della speculazione, sopravvive tutt’oggi una originaria situazione, architettonica e naturale al contempo, ascrivibile alla storia, che costringe specialmente il progetto a seguire strade battute, senza la necessità di dover ridefinire “lo stile della casa di campagna”, da tempo consolidato in queste terre di pianura. Il dialogo con la campagna, che in tale cornice non ha subito profonde trasformazioni e mutazioni, rappresentando uno di quei paesaggi resi celebri dalle fotografie di Luigi Ghirri, nato a pochi chilometri di distanza, diviene l’unica via possibile da percorrere.

Tra distese coltivazioni e isolate querce maestose, in una campagna ancora splendidamente mantenuta, dove resistono corti rurali, stalle e ville antiche, immerse in boschi e piantumazioni autoctone, si svela una necessaria dialettica dell’ascolto, sensibile a valorizzare proprio quel mondo osservato da Ghirri, che forse non si sarebbe più di tanto soffermato sulla disarticolazione volumetrica data dalla composizione segmentata della pianta, in contrasto con la compattezza cubica delle antiche abitazioni contadine. Sul bordo edificato di questa frazione di paese, in direzione del torrente Tresinaro, per fortuna la rigogliosa natura che cresce verdissima da questi suoli acquitrinosi contribuisce ad accogliere la casa nel paesaggio, integrandola a suo modo in uno scenario di particolare bellezza come sono ancora alcune zone nella campagna dell’Emilia.

Matteo Agnoletto

Architetto, PhD, libero professionista

 


Scheda tecnica

Oggetto: Casa HHCR
Località:

Corticella, Reggio Emilia

Committente: privato
Progetto architettonico: Christian Gasparini, Nat Office
Collaboratori: Martina Chiari, Matteo Lombardini, Sara Piccinini
Progetto strutturale: Luigi Salvo
Progetto impiantistico: Termotecnici associati
Progetto paesaggistico: Barbara Ponti
Impresa di costruzione: Lg costruzioni srl
Cronologia: 2016 (progettazione), 2016-2018 (costruzione)
Superficie: edificio 350 m2, lotto 2550 m2
 Costo complessivo: 500.000 Euro
 Fotografia: Filippo Poli