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Anni Vartola

Etica sostenibile

Dr. Anni Vartola (1965, Helsinki) è il redattore capo della rivista Web finnisharchitecture.fi, pubblicata dall’Architecture Information Centre Finland. Lavora anche come co-redattore capo del Nordic Journal of Architectural Research e come scrittore indipendente e critico. Si è laureata in architettura nel 1994 e ha finito il suo dottorato sul dibattito nel postmodernismo architettonico finlandese nel 2014.

La Finlandia, pur essendo relativamente piccola, è un Paese in cui operano circa 3.500 architetti ed è in grado di «produrre» nuovi architetti, o gruppi di architettura, con continuità, che realizzano e progettano opere di qualità. È stato davvero difficile scegliere i progetti da pubblicare, perché ne sono stati costruiti tanti interessanti negli ultimi anni. Qual è il vostro «segreto», se esiste? Inoltre, molti progetti qui pubblicati sono il risultato di un concorso di architettura vinto. Si ha l’impressione che il sistema dei concorsi funzioni davvero, che tutte le opere siano poi realizzate, e che ciò costituisca una grande opportunità per i giovani architetti. È così davvero?

Credo che il «segreto più conosciuto» dell’architettura finlandese è l’esistenza di una forte e lunga tradizione nei concorsi di architettura aperti per affidare incarichi di progettazione per nuovi edifici pubblici. Questa tradizione di quasi 140 anni ha aperto le porte agli architetti emergenti.

Un altro fattore che può aver nutrito la nostra crescita stabile è il buon lavoro svolto nel campo dell’istruzione in architettura che ha sempre mirato a fornire una competenza pragmatica e professionale. Abbiamo seguito le tendenze internazionali solo lontanamente, in genere con un atteggiamento un po’ riservato e addirittura indifferente. Essenzialmente, riconosco un cambiamento fondamentale nel modo di pensare generale della professione di architetto. Se guardiamo la giovane generazione di architetti, ovunque le loro strategie di business sono molto diverse dagli studi ben avviati. I giovani hanno messo insieme secondo le necessità gruppi collaborativi e multiculturali, sono cresciuti nel mondo digitale, hanno una visione semplice di marketing e di promozione pubblica, hanno enormi reti internazionali, e molti di loro sembrano avere ammirevoli impegni sociali sulla base dei molti progetti di beneficienza recentemente pubblicati.

In sintesi, penso che i nostri architetti hanno semplicemente fatto bene il loro mestiere. Una buona istruzione combinata con buoni costumi e atteggiamenti appassionati di solito produce buoni risultati. È fantastico che gli architetti finlandesi guadagnino crescente interesse internazionale.

Lo Stato finlandese, attraverso alcune sue istituzioni come il Museo di Architettura Finlandese (The Museum of Finnish Architecture, 1956) e il Centro Architettonico d’Informazione – Archinfo (Architecture Information Centre – Archinfo, 2012), alle quali anche tu contribuisci attivamente come Caporedattore, promuove l’architettura. Qual è esattamente la loro missione? E’ solo informativa o anche educativa?

Gli obiettivi delle istituzioni architettoniche finlandesi sono naturalmenti variati nel corso del tempo. Per esempio, il Museo di Architettura Finlandese ha recentemente adottato un ruolo sempre più significativo come attore principale nella cooperazione internazionale e nella promozione dell’immagine degli studi finlandesi all’estero. La sua partecipazione attiva, per esempio nella Bi-city Biennale di Urbanistica / Architettura di Shenzhen, ha dato una nuova visione delle prospettive dell’architettura finlandese nel mercato sempre più importante dell’Asia orientale. Vorrei anche menzionare la partecipazione coinvolgente del MAF nel dibattito internazionale sull’urbanistica contemporanea − un tema che è stato in precedenza piuttosto trascurato in Finlandia. A partire dal programma di politica architettonica del Governo adottato nel 1998, che stabilisce per ogni cittadino il diritto fondamentale a un ambiente abitativo di buon livello, c’è stata, dal mio punto di vista, un’attenzione crescente per l’accrescimento della conoscenza pubblica di architettura. 

Per quanto riguarda il Centro Architettonico d’Informazione che la Finlandia ha fondato nel 2012, la nostra esistenza può essere considerata come una delle più recenti conseguenze delle decisioni politiche e, neanche a dirlo, come una realizzazione degli sforzi a lungo termine degli architetti finlandesi. L’architettura è stata finalmente riconosciuta come un’arte che ha bisogno di promozione coordinata, ugualmente alla musica, alla letteratura, alle arti visive, al cinema, al teatro e al circo. Archinfo partecipa fortemente allo sviluppo della formazione dell’architettura per i bambini e i giovani e aiuta i funzionari pubblici a sviluppare strategie politiche locali per l’uso dei terreni e delle costruzioni. Le nostre due piattaforme online contribuiscono inoltre a sensibilizzare l’opinione pubblica. Il sito web archinfo.fi opera in finlandese e il web journal finnisharchitecture.fi si rivolge a un pubblico internazionale.

Hai scritto in un recente articolo che «I maestri del modernismo finlandese hanno contribuito all’etica sostenibile più che mai: essere internazionali ma non perdere la propria identità, essere aperti alle novità, ma moderati e ragionevoli al fine di non essere ripudiati». Ciò mi sembra molto appropriato rispetto ai progetti qui pubblicati. Cosa ne pensi? Esiste un modo di progettare che potremmo chiamare «finlandese»?

Non riesco a individuare una particolare «finlandesità» − o «svedesità», «britannicità» o «italianità» − nei modi in cui gli architetti progettano i loro edifici. Tuttavia, seguendo i teorici della cultura della vecchia scuola come Pierre Bourdieu o Stuart Hall, sono convinta che a un livello locale ci sono culture professionali dominanti anche in architettura. Come la Finlandia è stata, culturalmente parlando, una società relativamente chiusa, i nostri architetti nuotano in una piscina particolarmente arricchita di indicazioni che guidano la condotta professionale. Vorrei quindi personalmente interpretare eventuali somiglianze tra i progetti come un commento istintivo che tende alla nostra etica locale piuttosto che una maniera o uno stile esplicito.

Sembra che, dopo anni di grandi maestri come Saarinen e Aalto, i progetti contemporanei siano sempre più l’opera di una squadra, o anche di due studi di progettazione messi insieme per l’occasione. Forse, perché il lavoro collettivo è in grado di interpretare meglio le esigenze della società contemporanea?

Sì, sono d’accordo. La collaborazione interdisciplinare è sempre più essenziale, perché i problemi contemporanei sono molto più complessi rispetto alle epoche di Saarinen e Aalto.

Inoltre, vorrei sottolineare la svolta postmoderna nel modo in cui l’architettura è accreditata. Eliel Saarinen e Alvar Aalto non hanno lavorato da soli. Avevano i loro studi con gli indispensabili dipendenti e collaboratori. Anche se, nella storiografia, le loro opere celebrano un solo autore, il nome del grande maestro. Molti degli studi contemporanei non sono palesemente d’accordo con questa vecchia abitudine.

I progetti residenziali che abbiamo pubblicato presentano alcune caratteristiche comuni (che a noi sembrano quasi eccezionali) e che, invece, mostrano la vostra alta qualità della vita: saune comuni, grandi logge vetrate, rimesse per le biciclette, ecc. E anche gli edifici scolastici offrono spesso la possibilità di utilizzare i loro spazi interni per altre attività aperte alla comunità, come le biblioteche, i centri comunitari per le riunioni, ecc. Così, l’architettura diventa un’interessante occasione per promuovere nuovi modelli sociali?

La progettazione funzionale degli alloggi è, secondo me, piuttosto comune nei paesi nordici. Penso che sia semplicemente il nostro modo di pensare qui al nord: quando costruisci, fallo bene, utilizza le tue risorse limitate pensando e concentrandoti sull’utilità. Il funzionalismo inerente è stato fondamentale, soprattutto con le necessità delle abitazioni.

Per quanto riguarda la grande qualità dei nostri nuovi edifici pubblici, i finlandesi hanno sempre tenuto in grande considerazione l’istruzione e, di conseguenza, la qualità degli edifici scolastici, biblioteche, ecc., sono stati considerati come simboli del progresso. Ora, perché il clima in Finlandia in realtà non incoraggia a trascorrere il proprio tempo fuori, siamo stati costretti a costruire le nostre piazze all’interno. In passato, le persone si sono radunate nelle chiese e nelle sale di riunioni dei villaggi. Oggi, usiamo i nostri edifici pubblici come luoghi d’incontro.

La novità, se c’è, è che il ruolo sociale degli edifici pubblici è diventato sempre maggiore e c’è sempre più consapevolezza che il denaro investito in architettura di qualità è speso bene. Questo messaggio è, ovviamente, ancora molto difficile da trasmettere a clienti e fornitori, ma gli eccellenti esempi forniti da progetti di successo e l’aumento della consapevolezza pubblica e l’interesse per il valore dell’architettura gradualmente stanno facendo posto al nuovo modo di pensare. Le amministrazioni pubbliche hanno bisogno di dibattere su quale sia il modo più intelligente di utilizzare il denaro dei contribuenti. Nel peggiore dei casi, un edificio pubblico è la costruzione più economico possibile. Nel migliore, invece, un edificio pubblico può costituire un valido centro per tutta la comunità. Le nuove scuole sono uno splendido esempio che mette in pratica questa idea.

I progetti pubblicati qui sono tutti fatti di mattoni, spesso in laterizio bianco. Qual è il rapporto dell’architettura finlandese con questo materiale naturale?

Il laterizio è un materiale interessante in termini di modernismo finlandese; guardate, per esempio, il Municipio di Alvar Aalto a Säynätsalo (1949-52) o la casa sperimentale di Muuratsalo (1952-54). Il regionalismo postmoderno ha reso i mattoni rossi di nuovo popolari soprattutto nel nord della Finlandia negli anni ‘70-’80. Ricordo i mattoni bianchi come il materiale del 1980, forse come un’interpretazione economica del neo-funzionalismo bianco del tempo. Il ritorno emergente dei mattoni offre un’alternativa intrigante all’espressionismo audace del calcestruzzo, calore familiare del legno eco-trendy e il razionalismo abituale di vetro e metallo.

Igor Maglica
PhD, architetto e giornalista
(traduzione di Melissa Kerr)