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Massimo Bottini

Conservazione e riqualificazione

Massimo Bottini, architetto, Consigliere nazionale di Italia Nostra dal 2005 al 2015, è Presidente di Co.Mo.Do. (Confederazione Mobilità Dolce), membro del board AIPAI (Associazione Italiana Patrimonio Archeologico Industriale) e opera come professionista a Sant’Arcangelo di Romagna.

Conservazione e riqualificazione: due termini propri della cultura di Italia Nostra, come si applicano alle attuali condizioni del Paese?

Conservazione e riqualificazione sono le priorità massime non solo per la nostra Associazione ma per la cultura tutta del Paese. Due attività sulle quali il «bel Paese» può impostare la sua vera economia in questo momento di stagnazione. Perché questo tipo di interventi conduce non alla musealizzazione del patrimonio, ma a una sua rivitalizzazione attraverso nuove funzioni dei manufatti coerenti con gli obiettivi di conservazione. Conservazione e riqualificazione sono due modalità che dovrebbero indirizzare tutti gli interventi permettendo così di ridurre gli impatti ambientali, i consumi di suolo, gli sprechi, e di governare i processi di trasformazione in maniera attenta e qualificante.

Perché considerate l’intervento sul patrimonio «minore» una delle condizioni fondanti della qualificazione del nostro territorio?

Perché è proprio il patrimonio diffuso che costituisce la bellezza del paesaggio italiano ed è elemento fondamentale della sua ricchezza culturale e della sua peculiarità identitaria. La riqualificazione di questo patrimonio può diventare palestra di buone pratiche e modalità di custodia della bellezza, ed è solo attraverso la manutenzione del patrimonio ricevuto che possiamo svolgere il compito imprescindibile di trasferirlo intatto alle generazioni future. La riqualificazione del patrimonio minore è anche lo strumento per impedire impoverimenti culturali e tecnologici che interessano le piccole comunità e ne incentivano l’abbandono; infatti al suo mantenimento concorrono tutti quei saperi che nei secoli hanno connotato le nostre maestranze, conoscenze e competenze da salvaguardare, valorizzare e tramandare ai posteri. Infine, l’intervento diffuso sul patrimonio storico culturale «minore» è di fatto una forma di presidio del territorio, un deterrente contro i fenomeni di degrado ambientale. Esempi tangibili di quanto sopra esposto sono Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila), straordinaria sperimentazione di recupero di patrimonio abitativo minore e di tradizioni che oggi costituiscono il motore dell’economia locale, le buone pratiche attuate a Gangi in Sicilia (le case a un euro) o a Riace in Calabria (il recupero degli edifici da parte di rifugiati), dove il recupero degli edifici storici abbandonati diviene uno strumento per la riaggregazione sociale portando così alla contemporanea conservazione dei manufatti, ma anche quella del comune di Roccamorice, dove proprio Italia Nostra ha avviato la gestione di un Eremo (Santo Spirito a Majella) collegando intorno al progetto di conservazione giovani e realtà imprenditoriali locali nel tentativo di riportare il bene a patrimonio comune di cui il primo interessato alla manutenzione è la comunità stessa. In questo caso si tratta di un bene architettonico, culturale, paesaggistico che nonostante fosse stato sottoposto ad azione di restauro negli anni passati non era adeguatamente curato e Italia Nostra sta contribuendo a fare tornare questo bene all’attenzione della comunità locale. 

Questi e molti altri esempi indicano una strada diversa da quella già percorsa, una strada ricca di potenzialità in grado di mantenere il presidio demografico e addirittura di attrarre nuovi abitanti. D’altronde è notorio che anche per il patrimonio storico artistico l’Italia è un museo a cielo aperto.

Ci sono molte attività che Italia Nostra sta attuando nelle direzioni tracciate dalla sue risposte. Ci racconta sinteticamente qualche storia di interventi di Italia Nostra?

Molte sono le azioni che Italia Nostra ha attivato. Sul nostro Bollettino sono presenti le testimonianze di questa ricca e capillare attività. Qui segnalerei alcuni casi di azione di sensibilizzazione e di promozione della conservazione di beni che a tutt’oggi non godono di progetti adeguati. Il primo è il nostro interesse verso le architetture sociali abbandonate quali le colonie marine, che hanno insegnato agli italiani lo stare al mare e lo stare insieme in una dimensione ludica. Oggi, ahimè, versano in uno stato di totale abbandono, si tratta di un patrimonio che nonostante la serialità continua a disegnare il paesaggio della costa, e mentre in origine rappresentavano «il pieno nel vuoto», oggi data la pesante urbanizzazione costiera, sono «il vuoto nel pieno», grandi occasioni di riconversione ecologica di tessuti urbani saturi.

Il secondo è la segnalazione di pericolo che corrono altri manufatti di grande importanza nel panorama culturale, anche internazionale. Tra tutti le Cascine di Tavola a Prato e l’ex Manifattura Tabacchi di Firenze, entrambi i casi seguiti dalla nostra consigliera Maria Rita Signorini. Le prime erano la fattoria sperimentale di Lorenzo il Magnifico utilizzate dal 1470 ininterrottamente fino agli anni novanta del secolo scorso come azienda agricola, furono poi vendute e smembrate in base a un progetto che nulla aveva a che vedere con l’agricoltura e che ha stravolto per finalità speculative l’antico manufatto. Italia Nostra ha denunciato più volte e con grande energia le condizioni di degrado del bene che ora finalmente è tornato di proprietà pubblica, si tratta di un primo passo che ha scongiurato il pericolo che fossero perdute per sempre. La Manifattura invece mantiene intatta l’originaria struttura di Nervi ma è oggetto di mire che ne vorrebbero distruggere una parte per costruire due grattacieli assolutamente fuori scala nella buffer zone del centro storico di Firenze patrimonio Unesco. Gli esempi presentati non vanno intesi, come erroneamente è accaduto in passato, quali architetture isolate ma veri e propri pezzi di città che oggi necessitano di grandi interventi di rigenerazione urbana non certo di tipo speculativo, ma capaci di restituire loro senso e identità.

Cosa vuol dire per un professionista essere parte attiva di Italia Nostra?

Avere uno spiccato senso del bene comune, essere consapevole che ogni azione, anche la più piccola, entra in rapporto con tutte le altre e ha conseguenze su tutti e tutto. Avere la certezza di essere parte di un tutto che ci contiene e che attraverso le azioni e i pensieri modifichiamo, e da cui di conseguenza siamo modificati.

Negli interveti di conservazione e riqualificazione, che ruolo ha il laterizio e quali – ritiene – siano le peculiarità che portano alla scelta di questo materiale?

Il laterizio è sicuramente uno dei materiali alla base della cultura del costruire del nostro paese. È il principale materiale, con le tecniche costruttive connesse, attraverso il quale si identifica la nostra storia, sia nelle costruzioni delle opere più importanti sia, e direi soprattutto, in quella architettura apparentemente minore.

La qualità del tessuto urbano dei piccoli borghi, come anche di molte città, che ha contribuito significativamente a disegnare e rendere unico il paesaggio italiano, si è concretizzata nel tempo per gran parte attraverso l’uso del laterizio.

Due sono sicuramente le parole chiave che combinate meglio descrivono il laterizio: semplicità e tecnologia. Un materiale accessibile a tutti e nello stesso tempo dotato di capacità costruttive in grado di permettere una grandissima libertà progettuale.

Adriano Paolella
Università «Mediterranea» di Reggio Calabria, Italia Nostra.